Il fascino dimenticato dei mezzi di trasporto
Mongolfiere, dirigibili e altre macchine prodigiose

Cari lettori e lettrici, buonasera.
Spero di trovarvi bene in questa ultima settimana novembrina prima del tour de force natalizio. Mi scuso per il ritardo di questa uscita. Vi scrivo dal divano di casa con un sottofondo di uccellini e ruscelli: le playlist rilassanti e le tisane allo zenzero sono le uniche due cose in grado di ricentrarmi in queste settimane concitate, piene di lavori, progetti e scadenze.
Sì, viaggiare (più o meno)
Negli ultimi mesi ho viaggiato tanto, e ho riflettuto su quanto spostarsi da una parte all’altra del mondo possa essere sì esaltante, ma anche un’enorme seccatura. Stazioni, aeroporti, scali, controlli, code, folle, gomitate, sedili, rumori, attese… viaggiare significa esporsi a una miriade di piccoli disagi, che sommati possono rendere l’esperienza estenuante.
I mezzi di trasporto fanno parte della nostra quotidianità, e hanno perso quasi del tutto il fascino degli esordi: impegnati a trovare escamotage per fuggire la noia del viaggio, ci dimentichiamo - consapevolmente, perchè pensarci a fondo può rivelarsi agghiacciante - di quanto sia incredibile che il nostro corpo si trovi, ad esempio, proiettato a 10.000 metri di altezza sopra l’Oceano Atlantico.

Un aspetto che mi affascina del viaggio è proprio la magia dell’essere trasportati da un punto A a un punto B del globo, muoversi - da seduti - nello spazio e nel tempo, svegliarsi la mattina nel proprio letto e ritrovarsi la sera in un pub di Tokyo a sorseggiare del sake.
Non serve che mi ricordiate che non è magia ma scienza, ma qui su Mettiladap.arte ci piace proprio rispolverare quelle sensazioni di meraviglia e stupore che provavamo da bambini 😉
Non vi ha mai fatto “strano” tornare a casa dopo un viaggio e riprendere la vostra quotidianità con quella sensazione di essere un po’ cambiati? Andare a fare la spesa al supermercato sotto casa, uscire con gli amici di sempre, e pensare increduli che solo il giorno prima vi trovavate in un luogo così diverso da ciò che chiamate “casa”?
Certo, fino a non molto tempo fa i “piccoli disagi” di cui sopra erano niente comparati alle spedizioni estenuanti e pericolose che intraprendeva chi si metteva in viaggio, spesso verso l’ignoto. Però c’è da riconoscere che un viaggio via terra permetteva di entrare progressivamente in una nuova realtà, di vedere i territori cambiare, di incontrare popoli sempre diversi, di avere la completa percezione dello spostamento. Se non altro si usavano le proprie gambe, o quelle di un cavallo.
In confronto, l’esperienza del viaggio di oggi non è poi così diversa dal teletrasporto.

Spesso diamo per scontata la straordinarietà della nostra vita contemporanea, e ci dimentichiamo di quanto possa essere stato affascinante e meraviglioso per i nostri antenati sognare di sfrecciare a 200 chilometri orari su rotaie, di osservare le nuvole dall’alto mentre si cena con un piatto pronto a base di riso, pollo e verdure, di circumnavigare il globo mentre si schiaccia un pisolino.
Mezzi di trasporto fantastici e dove trovarli
L’ispirazione per questo numero arriva da un libricino. Per l’esattezza un tascabile di una quarantina di pagine che ho scovato alla libreria Albertine, a New York, l’unica libreria della Grande Mela dedicata esclusivamente ai libri in francese.
Quando l’ho sfogliato non credevo ai miei occhi. In Transports - Ingénieuses machines sono raccolte riproduzioni provenienti dalle collezioni della Biblioteca Nazionale Francese di disegni, illustrazioni e litografie di ‘700 e ‘800, che raffigurano i mirabolanti e fantasiosi progetti di alcuni inventori dell’epoca, che davano libero sfogo all’immaginazione per progettare macchine volanti sempre più creative.
Inizialmente ho pensato fossero fotomontaggi o rifacimenti recenti, invece erano proprio così: autentiche fantasticherie di visionari di qualche secolo fa che sognavano mezzi di trasporto in grado di sostituire il cavallo, andare sempre più veloci, volare, navigare sul fondo al mare e raggiungere le stelle.
Alcuni di questi progetti sono stati effettivamente realizzati, mentre altri, i più inverosimili, sono rimasti sogni di carta. Questo incredibile libretto, che ovviamente ho acquistato, è un tuffo nello spirito frizzante dei primi anni dell'industrializzazione, uno strumento utilissimo per recuperare quella curiosità ed entusiasmo per i nostri cari vecchi mezzi di trasporto e, in particolare, per il volo.



Alle origini del volo
Da sempre l'umanità ha nutrito il desiderio di volare ispirandosi al volo degli uccelli - sogno testimoniato da miti e leggende in ogni cultura. Nel Medioevo molti uomini persero la vita nel tentativo di librarsi in aria con ali di legno e tessuto lanciandosi da torri e campanili, ma fu nel Rinascimento che vennero progettate le prime vere macchine volanti, da nientepopodimeno dal grande Leonardo da Vinci. Passò ancora parecchio tempo però prima che l’essere umano fosse finalmente in grado di volare: alla fine del diciottesimo secolo, dopo non pochi esperimenti e tribolazioni, venne inventato il pallone aerostatico, che permise all’uomo di spiccare il volo e di vedere per la prima volta la terra dal cielo.
I primi uomini nel cielo
Grazie agli studi sull'aria e sull'idrogeno svolti dai chimici Antoine Lavoisier (1743-1794) e Henry Cavendish (1731-1810), gli inventori riuscirono a trovare la chiave di volta.
Nel 1783, i fratelli Joseph ed Etienne de Montgolfier, produttori di carta, svilupparono un pallone gonfiato con aria calda, più leggero dell'aria e in grado di alzarsi in cielo. Nel giugno 1783, il primo volo, collegato al suolo da una corda, ebbe luogo a vuoto ad Annonay, vicino a Lione. Il secondo test fu effettuato il 19 settembre a Versailles, utilizzando animali (una pecora, un'anatra e un gallo). La prima ascensione umana ebbe luogo il 21 novembre 1783: François Pilâtre de Rozier e il marchese d'Arlandes volarono su un aerostato in tela blu rinforzata con carta decorata con gigli dorati e segni zodiacali per 8 km in 25 minuti, diventando i primi aeronauti della storia.
Il 1783 fu l’inizio di una lunga serie di esperimenti, invenzioni e competizioni. Solo un anno dopo Jean-Pierre Blanchard raggiunse i 3.800 metri di altitudine con un pallone a idrogeno. Nel 1799, l'inglese Sir George Cayley disegnò nel suo taccuino il progetto di una prima macchina volante a elica.






I palloni aerostatici divennero un'attrazione per il pubblico, che accorreva a questi spettacoli in parchi come Versailles, La Muette, Saint-Cloud, le Tuileries e Jardin du Luxemburg. L'attesa era scandita da musica, spettacoli, giostre e i viali dei giardini erano disseminati di chioschetti e venditori ambulanti.
Quando il pallone era pronto per essere lanciato, veniva sparato un colpo di cannone. Queste celebrazioni popolari divennero importanti eventi culturali e sociali e furono ampiamente riportate dalla stampa. Anche le arti decorative subirono il fascino dei palloni aerostatici: su piatti, tessuti, dipinti e altri oggetti cominciarono a comparire riproduzioni di mongolfiere.

Parigi vista dall’alto
Nel 1858 il fotografo francese Félix Tournachon, detto Nadar, salì su un pallone aerostatico con una macchina fotografica e scattò le prime foto dall’alto della città di Parigi.
Nadar è considerato l’inventore della fotografia aerea e il 23 ottobre 1858 brevettò “un nuovo sistema di fotografia aerostatica”, trasformando per sempre la percezione dell’essere umano della terra. Questo cambiamento di prospettiva ebbe un notevole impatto sulla cultura e sul progresso scientifico del tempo: le fotografie di Nadar influenzarono il modo in cui si effettuavano i rilievi topografici, si redigevano i catasti, si effettuavano i rilievi atmosferici... e si facevano le guerre.

Progetti mai realizzati: la Minerva
La mongolfiera influenzò profondamente l’immaginario dell’epoca, a tal punto che alcuni inventori ed intellettuali si divertirono a ideare mongolfiere di fantasia, macchine volanti incredibili che per ovvie ragioni non videro mai la luce, ma di cui ci sono rimasti gli splendidi disegni.
La Minerva, ad esempio, era una favolosa aeronave progettata dal fisico e mago Etienne-Gaspard Robert, noto anche come Professor Robertson, nel 1804. Oltre al suo influente lavoro sulle tecniche di proiezione, Robert era un appassionato di palloni aerostatici e stabilì una serie di record di volo, anche se, sospettiamo, nessuno con la Minerva.
Nel diciannovesimo secolo gli inventori continuarono a sperimentare nuovi tipi di macchine e dispositivi volanti - diventando anche bersaglio dei caricaturisti, come illustrato in alcune vignette -. Nel 1852, uno di loro, Henri Giffard (1825-1882), costruì un dirigibile. Era allungato e dotato di motore a vapore e timone. Nacque così, a una settantina di anni dalla prima mongolfiera, il primo dirigibile della storia, l’unico mezzo del tempo capace di muoversi nell’aria lungo una rotta stabilita.





Le vite degli ascensori
Immagino che il tema di questa newsletter vi abbia sorpreso. Di solito parliamo di arte e di artisti, e oggi vi sto presentando, seppur in versione creativa, dei mezzi di trasporto. Ma ad avvalorare ulteriormente la tesi della straordinarietà del nostro ordinario, viene in mio soccorso il buon Pablo Trincia, giornalista, autore e podcaster che seguo con interesse da tempo.

Nel suo libro Come nascono le storie, un misto tra la sua storia personale e il suo metodo di lavoro nella scrittura dei podcast - se non ne avete mai sentito uno vi consiglio spassionatamente Veleno, Il Dito di Dio, Sangue Loro, Dove nessuno guarda, E poi il silenzio - per me capolavori di narrazione audio - Trincia racconta di come il suo sguardo si è “allungato” da quando si è imbattuto in un lungo articolo uscito sul settimanale The New Yorker firmato dal giornalista Nick Paumgarten intitolato The lives of elevators, ovvero “le vite degli ascensori”, che raccontava in maniera incredibilmente affascinante l’universo dietro queste piccole scatole saliscendi, solo all’apparenza così monotone e banali.
“L’ascensore, sottovalutato e trascurato, sta alla città come la carta sta alla lettura e la polvere da sparo sta alla guerra", scriveva Paumgarten, evidenziando come senza quell’impianto, senza quella semplice cabina chiusa dentro a un vano in cemento che per tutta la sua esistenza sa solo andare su e tornare giù, non esisterebbero le moderne città verticali. Scordiamoci gli skyline di New York, San Paolo, Dubai, Shanghai. Scordiamoci edifici alti decine di metri che consentono a centinaia di migliaia di esseri umani di risiedere in uno spazio limitatissimo (solo a Manhattan oltre un milione e mezzo di persone coesiste in meno di sessanta chilometri quadrati). Il loro impatto sulla nostra società e sulle nostre abitudini quotidiane è stato enorme, perchè senza di loro “la popolazione della terra si riverserebbe sulla sua superifice, come una chiazza di petrolio, e passeremmo ancora più tempo bloccati nel traffico o sui treni, attraversando un vasto carapace di cemento”.
Il punto di Trincia è che tutto può essere una storia, anche gli ascensori, è il nostro sguardo verso quel tutto a fare la differenza. Più cogliamo i dettagli, più uniamo i tasselli, più vediamo le storie dietro ogni singolo frammento, persona, oggetto, luogo, momento che compone la nostra vita. Tutto può essere raccontato, basta saperlo vedere. Che si parli di un aereo o di un ascensore, quella che in fondo raccontiamo è sempre la storia del rapporto che noi umani abbiamo con l’oggetto del racconto.
La prima volta su un tapis roulant
Vi lascio con un’ultima suggestione, che spero possa far gernogliare in voi un altro semino di meraviglia prima di salutarci. E’ un filmato ricolorato del 1900, che immortala gli abitanti di Parigi salire sul primo esemplare pubblico di tapis roulant, in occasione dell’Esposizione Universale. Era fondamentale per spostarsi da un padiglione all’altro senza stancarsi troppo, ma era anche un prodigio della tecnologia da sfoggiare con orgoglio in un’occasione speciale come un Expo di inizio secolo.
In questo numero abbiamo parlato soprattutto di macchine volanti, che hanno un fascino innegabile, ma la “magia” del trasporto non conosce limiti, e potreste ritrovarvi a riscoprire la bellezza di ruote, argani, motori, monorotaie, sottomarini, nastri trasportatori… chi può dirlo 😉
Voglio sapere la vostra, qual è quel mezzo di trasporto che vi ha sempre affascinato?
Vi aspetto nei commenti.
Grazie per avermi seguita anche in questa nuova avventura, ci sentiamo a ridosso di Natale per una lista di idee regalo e di indirizzi su dove fare compere di valore :)
Buon fine settimana,
Elena
P.S. Amici ingegneri, se cercavate delle nozioni tecnico-scientifiche questo non è il posto giusto, ma se volete raccontarmi storie sull’invenzione di eliche, turbine, motori a scoppio, elicotteri, alianti, aliscafi etc. vi leggo con interesse 💛