Cari lettori e lettrici,
Bentrovati su Mettiladap.arte dopo la pausa estiva. Spero siate riusciti a staccare corpo e mente dal lavoro e dalla quotidianità almeno per un po’.
Vi scrivo da Milano, rientrata col turbo, dopo due settimane rigeneranti tra il mare della Sardegna e i canali dell’Olanda - sono riuscita a beccarmi due virus in dieci giorni, ma il bilancio della vacanza è più che positivo!
Ogni estate mi sorprendo di quanto sia ritemprante staccare completamente dal computer e riconnettersi col mondo. E ogni anno realizzo, come per la prima volta, che per me il mare ha il potere magico di lenire qualsiasi magagna.
Questo settembre sarà pieno di novità - tra cui un nuovo lavoro e un viaggio negli Stati Uniti -, ed è stato fondamentale ricaricare le batterie “full recharge”. Non vedo l’ora di buttarmi a capofitto in questo mese (e di raccontarvi nel mentre :)).
Visita guidata alla mostra di OBEY: nuove date
Come promesso ci saranno due nuove date di visita per la mostra di OBEY, una giovedì 10 ottobre, l’altra giovedì 24 ottobre, sempre alle ore 19.00. Per iscrivervi basta che mi mandiate una mail a questo indirizzo specificando in quanti sarete e per quale data: elenadomenichini.design@gmail.com , o che mi scriviate cliccando il pulsante qua sotto. La visita verrà confermata solo al raggiungimento di 7 partecipanti, fino a un massimo di 20. Il costo del biglietto è di 12€ (riduzione gruppi) + eventuale offerta libera. Grazie!
Cartoline che passione
Veniamo a noi.
Nel tour olandese di 4 giorni tra Rotterdam, Utrecht e Amsterdam, non ho potuto fare a meno di acquistare qualche cartolina.
A casa ho due scatole dedicate: una che contiene le cartoline ricevute da amici e parenti, soprattutto tra fine anni ‘90 e inizio ‘00, quando ancora andavano di moda, e l’altra che contiene le cartoline che ho acquistato per me, senza spedirle. Quest’ultima è un piccolo museo in miniatura: un po’ come l’artista Marcel Duchamp con la sua “Scatola nella valigia”, un “museo portatile” che riuniva sessantanove riproduzioni e repliche in miniatura delle sue più significative opere - tra cui il famoso orinatoio - , la mia scatola delle cartoline non spedite racchiude opere d’arte, fotografie e illustrazioni provenienti dai musei, librerie e negozi più disparati, raccolte in momenti e luoghi diversi, e legate da un unico fil-rouge: “immagini che mi piacciono e/o mi ispirano”.
Fin da piccola acquistare delle cartoline è sempre stato un rito di passaggio di ogni vacanza. Se ai tempi la scelta ricadeva su collage di foto con scritte colorate - se il tema vi appassiona esiste la pagina instagram @cartolinebrutte che raccoglie degli orrori grafici così eclatanti da fare il giro e diventare dei capolavori - oggi sono molto più propensa ad acquistare riproduzioni di opere d’arte o illustrazioni che raccontano e interpretano artisticamente il luogo che ho visitato. Oppure che non hanno nessun collegamento con il luogo, se non il fatto di averle trovate proprio lì.
Cartoline vs Instagram
Chiaramente la condivisione di foto istantanee sui social ha quasi del tutto sostituito l’esperienza di inviarsi riproduzioni grafiche e fotografiche dei luoghi in cui si è stati, tuttavia ci sono ancora molti amatori che portano avanti questa tradizione, come riportato in un interessante articolo del Post “Cosa è rimasto delle cartoline”: secondo un sondaggio del 2021 un francese su dieci spedisce ancora almeno una cartolina all’anno.
La nostalgia per questi oggetti è reale: #movingpostcards ad esempio è un trend Instagram che richiama un certo stile fotografico tipico del formato cartolina, ma in formato video. Se cercate questo hashtag troverete delle sequenze molto belle. Ho provato anche io a fare la mia “cartolina in movimento”:
Le stories di Instagram hanno sostituito le cartoline? Forse. Ma, come ricordava l’articolo del Post e come osservo io stessa con il mio lavoro, esiste un sottobosco di persone col pallino della cartoleria - eccomi qui - che è disposto a spendere abbastanza per avere una raccolta curata di immagini, ben selezionate, stampate su una bella carta, con una buona qualità di stampa e magari pure all’interno di un bel cofanetto. Guardate, ad esempio, che bella questa raccolta di fotografie di Luigi Ghirri in formato cartolina, dall’atmosfera un po’ metafisica e nostalgica.
Io la penso così: la carta non morirà mai, e quindi neanche le cartoline. Magari se ne troveranno di meno, questo sì. Forse diventeranno prodotti di “lusso” - saranno più rare quelle a 0,50 cent, e più frequenti quelle a 2,50€ - ma di migliore gusto e qualità, per cultori, appassionati e viaggiatori che sanno apprezzare la cura dei dettagli.
Perchè collezioniamo?
Ora, quello delle cartoline è un tipo di collezionismo poco impegnativo, sia a livello economico che di spazio. Ma c’è da tenere a mente che per molte persone il collezionismo di viaggio è una cosa molto seria - non ci addentreremo in questa newsletter nel collezionismo d’arte, che meriterebbe un capitolo a sè -.
Qui c’è da fare un’importante differenziazione: da quando esiste il turismo di massa, e, di conseguenza, i gift shop, collezionare è alla portata di tutti. Con un investimento minimo (pochi euro e poca ricerca) chiunque può portarsi a casa un bicchierino da shot con sopra una grafica della città visitata, da aggiungere alla propria collezione di bicchierini di tutte le città visitate, che prende polvere in cucina - i bicchierini sono un esempio, possono facilmente essere sostituiti da magneti, palle di vetro, francobolli etc. L’acquisto è guidato sì dal desiderio di avere un ricordo tangibile del viaggio, ma anche da un bisogno di “completamento”: l’oggetto funge da testimonianza per sè e per gli altri del proprio passaggio da quel luogo, funge da piccolo totem, come ad incanalare le belle esperienze e le forti emozioni vissute, oltre che da ulteriore tassello da aggiungere al “mausoleo” dei viaggi fatti. Check! ✔
E poi c’è il collezionismo creativo, o almeno, così lo chiamo io, che è proprio quello che ci interessa esplorare in questa sede. Il collezionista creativo non si limita ad accumulare: accosta, sposta, combina, si lascia ispirare dalle storie e dall’aspetto degli oggetti, anche molto distanti per caratteristiche e provenienza, per creare nuove storie e aprire la mente, un po’ come si fa quando si viaggia, ma da casa. Non serve essere raffinati uomini/donne di mondo, che scovano rarità al mercatino delle pulci e individuano perle in negozi polverosi, il collezionismo creativo si può fare anche con le cartoline - ed è proprio qui che volevo arrivare -.
Vi invito a ripescare la vostra “scatola dei ricordi di viaggio” - che siano cartoline, oggetti o fotografie lo decidete voi - e, prima, a mettere tutto insieme, senza distinzione, e, poi, a selezionare, accostare, organizzare, dividere per gruppi secondo la vostra esperienza, filosofia, fantasia. Fare associazioni è alla base dell’atto creativo, e farlo con oggetti così evocativi è un bel modo per trascorrere una domenica piovosa.
Mi sono chiesta da dove nasca questa esigenza molto umana e relativamente contemporanea di collezionare, e, navigando sul web, ho trovato un interessante articolo della psicoterapeuta Rosita Lappi, che va al nocciolo della questione:
“Il collezionista possiede una preziosa qualità, la capacità di meravigliarsi del mondo e dei suoi oggetti, di intuirne la potenza evocativa, di entusiasmarsi della loro scoperta, di creare nessi tra i grandi capolavori e le piccole cose che ne hanno costituito il contesto storico, dando un’immagine più completa della cultura del passato (Benjamin, W. 1966). Legando le opere tra loro in quella che P. Valéry ha definito «vertigine della mescolanza», il collezionista ordina le opere in una misteriosa relazione di senso e riordina, nel contempo, l’infinita geografia del proprio mondo interiore.”
Siamo immersi in una complessa frammentazione riaggregata. Come lo sono le città stesse con i loro palazzi e manufatti di epoche diverse giustapposte, stratificazioni di secoli che compongono la storia in una forma diversa da quella ufficiale, una storia alternativa (Benjamin W. 1986). Come lo sono le nostre case, approdi e sedimentazioni di scelte fatte nel corso degli anni. Un grandioso caos minimo che appare ai nostri occhi non solo composto e coerente ma dotato di uno stile rassicurante e famigliare e che continuamente e quotidianamente riordiniamo, ricomponiamo, distruggiamo e ricicliamo. Gli acquisti usuali e ordinari di tutti i tipi tendono a ingombrare e tracimare, a sovrastarci, stimolando in noi un bisogno dilatato, un’avidità inarrestabile di cose che poi si accumulano nei nostri frigoriferi, dispense, armadi, cantine, garage. Si può affermare che accumulare cose senza una loro organizzazione spaziale e senza catalogazione non possa essere considerato vero collezionismo, ma una grave forma di cupidigia. La sistemazione organizzata è un dialogo continuo con gli oggetti, che diversamente resterebbero solo marasma soverchiante, vuoto di senso, senza significati. Puro horror vacui.
La cosa interessante del collezionismo creativo è dovuta dunque al fatto che l’oggetto di devozione è sempre disponibile al gioco, al suo uso fantasioso, alle sensazioni piacevoli di cui è una potente sorgente evocativa. Gli oggetti amati hanno una qualità narrativa che attende che qualcuno la possa scoprire e rinarrare, ma a loro volta possono essere investiti di proiezioni che ne arricchiscono la loro vocazione narrativa. Essi stimolano un’attività intellettuale molto ricca e originale. Il collezionare sembra, in conclusione, un’attività frutto dello sviluppo che non termina con l’età adulta e prosegue tutta la vita. Forse determinata dal bisogno di riflettersi in un universo concreto e palpabile per non smarrire la propria identità; forse caricata da bisogni infantili, da affetti frustrati e da fantasie magiche; forse mossa dalla pulsione narcisistica di esibirsi insieme o accanto alle cose, e per questa via sentirsi ammirati; forse manifestazione di una creatività che non ha potuto esprimersi in altre vicende della vita; segno di una sensibilità particolare nei confronti del fluire del tempo (Puccini, cit).
Collezionare = curare
Che poi, collezionare creativamente, è un po’ quello che fa in grande il curatore d’arte, una professione affascinante eppure oscura a molti. Mi è piaciuta molto la definizione di Damiano Gullì, curatore del public program di Triennale Milano, che, intervistato su Artribune, ha definito l’atto di curare un “lavoro di orchestrazione”:
“Curare oggi – in un mondo in cui tutto è “curato” – significa riuscire a liberarsi di una facile etichetta da professione, ormai, di massa per assumersi la responsabilità di recuperare il senso profondo del verbo, quel saper ascoltare, saper consigliare, quel prendersi cura – lo so, suona banale e ridondante a dirsi, ma forse è comunque necessario –, dedicare attenzione, essere facilitatori e compagni di strada degli artisti, delle opere, ma anche “dei” pubblici, plurimi, diversificati, che a quegli artisti e a quelle opere magari per la prima volta si accostano. (…) La curiosità poi è un altro elemento centrale. La curiosità di percorrere strade parallele, sulla linea di quella “diversa tradizione”, delineata da un maestro quale Corrado Levi, per trovare o ritrovare figure irregolari, di inattuale attualità, senza inseguire il mainstream a tutti i costi. (…) Bisogna guardare alla transdisciplinarietà, stabilire connessioni inattese – diacroniche, sincroniche, tra artista e artista, tra artista e opera, tra opera e opera – e spostare lo sguardo. (…) Curare, insomma, è un grande lavoro di orchestrazione, in cui tanti fattori concorrono per arrivare all’armonia finale.”
Collezionare online
Non so se vi ho convinto su quanto sia arricchente passare i weekend a riordinare “creativamente” immagini e ricordi, detto da una che non riordina un bel niente, ma se la cosa vi ha appassionato vorrei consigliarvi tre siti web che sono ottimi calderoni in cui spulciare, lasciarsi ispirare, e provare a creare qualcosa di nuovo.
Public Work by Cosmos
Non vi dico niente, voi provate ad andarci, a creare il vostro profilo, e a creare le vostre collezioni con le immagini che più vi piacciono, scegliendo tra le più di 100,000 immagini copyright-free dagli archivi del MET, della New York Public Library etc.
Poi mi dite com’è.
Google Arts and Culture
Sicuramente più conosciuto. Recentemente ha migliorato l’esperienza utente, con un buon algoritmo che consiglia opere d’arte correlate con una certa elasticità di associazione, così da farti scoprire opere di artisti di paesi ed epoche molto diverse tra loro. Basta iniziare a salvare opere nei preferiti e sarà lui a proporti opere nuove tra cui scegliere. Divertente l’integrazione AI “Art Remix”, che ti permette di creare nuove opere sulla base di opere esistenti, e “Poem postcards”, che genera delle poesie personalizzate ispirate ad un’opera d’arte, da inviare a chi vuoi tu.
Boston Public Library
Probabilmente le immagini copyright-free della Boston Public Library sono anche su Public Work, ma ve le metto in un capitolo a sè perché mi sono capitate per caso su Unsplash - noto sito di fotografie non coperte da diritti - e mi sono ritrovata a scrollare incantata una lunga serie di ritratti fotografici di nativi americani.
Anche questo, amici, è internet. ✨
Per oggi terminiamo qui.
Gli argomenti che si diramano sono moltissimi e come al solito ho dovuto impormi una selezione per non inviarvi una newsletter chilometrica. Spero abbiate trovato qualche spunto interessante! Riflessioni, condivisioni e feedback sono sempre più che ben accetti.
Vi ringrazio per avermi seguita anche questo lunedì :)
Buon inizio settimana e alla prossima,
Elena
Come sempre vivace e brillante, di cartoline ne ho tantissime per ora riordinarle no, ahahaha.
Bentornata e in bocca al lupo per la tua avventura.