
Buonasera a tutti e bentornati su Mettiladap.arte.
Innanzitutto volevo ringraziarvi per i bellissimi feedback e commenti della scorsa newsletter sulle installazioni artistiche che valgono dure ore di coda, farvi scoprire nuovi artisti e riuscire a trasmettervi la meraviglia che provo di fronte a opere di questo tipo mi riempie il cuore di gioia.
Il numero di oggi è un po’ diverso dal solito, perchè parte da un’esperienza personale, probabilmente la più incredibile e intensa che abbia mai vissuto a livello professionale: il mio viaggio a Mosca nel 2018 per organizzare la gigantesca mostra monografica Force Majeure dell’artista americano Shepard Fairey, in arte OBEY, uno dei più grandi street artist al mondo. Cosa ci facevo, neolaureata e con la Nikon al collo, a fare colazione con un artista di quel calibro e a bere un Moscow Mule con i suoi assistenti californiani - tra cui il figlio del batterista dei Doors - ?
Qui sotto provo a riassumervi la mia esperienza con questo artista, una persona profonda, gentile e disponibile - ai tempi sono anche riuscita a strappargli un’intervista - contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare da personaggi di questo calibro. Ma non solo, vi racconterò anche della sua arte, della sua storia e del perchè dovrebbe appassionarvi. Infine, troverete un invito alla sua nuova mostra, perchè sì OBEY sta arrivando a Milano, e ad un evento del genere bisogna arrivare preparati. Let’s go!
Come sono finita a Mosca con OBEY
Dopo la laurea desideravo moltissimo applicare le mie capacità grafiche e creative nel mondo dell’arte, e quando ho trovato un annuncio per la posizione di Gallery Assistant per la Wunderkammern Gallery, galleria d’arte con sede a Milano e Roma specializzata in Street Art, mi sono subito lanciata. A dire il vero di creativo in galleria c’era ben poco: la quotidianità del Gallery Assistant era fatta di imballaggi, assicurazioni, trasporti, mailing list, social, installazioni, rapporto con i clienti e coi fornitori, organizzazione eventi e tanto - troppo - altro. Ma proprio in quei mesi di gavetta i pianeti si erano allineati. Dopo anni di dialogo i direttori della galleria erano riusciti a stringere un’importantissima collaborazione: diventare la prima e unica galleria in Italia a detenere le opere di Shepard Fairey, curare la sua importante mostra monografica al MMOMA (Moscow Museum of Modern Art) e realizzare il catalogo ufficiale dello show. Per un evento e progetto di quella portata serviva una fotografa che seguisse l’artista durante la creazione dei due murales che avrebbe realizzato in città e che fotografasse il dietro le quinte e l’allestimento della mostra, e poi serviva una grafica che realizzasse il catalogo, con un minimo di cognizione di causa… ed eccomi qua, al posto giusto nel momento giusto! 💁🏻♀️
I murales
La mia prima missione a Mosca è stata seguire e fotografare l’artista e il suo team nella creazione dei due murales in due punti della città, ispirati allo stile e alla cultura russa. Le foto sono state poi inserite nel catalogo della mostra e sono state pubblicate da diversi siti e magazine, tra cui Graffiti Art Magazine.
Art is a Hammer

“Art is a Hammer” - l’arte è un martello - è un tributo alla corrente artistica del Costruttivismo Russo, che ha influenzato moltissimo lo stile di OBEY. Il murales rappresenta Vladimir Mayakovsky, un famoso poeta, attore e designer russo, insieme alla frase “art is not a mirror to reflect society but a hammer with which to shape it” (l’arte non è uno specchio per riflettere la società ma un martello per plasmarla), di Bertold Brecht, spesso citata da Mayakovsky.

Mentre Shepard e i suoi aiutanti lavoravano per ore sopra le gru applicando i fogli degli stencil a decine di metri di altezza e colorando con le bombolette spray, io gironzolavo tra un marciapiede all’altro, cercando di catturare con la macchina fotografica i momenti migliori di quel lavoro lunghissimo ed estenuante, che si è protratto per quattro giorni. Ogni tanto scambiavo quattro chiacchiere con Jon, il fotografo di Shepard, e gli altri artisti del team, che molto carinamente mi spiegavano il loro lavoro e mi regalavano degli sticker.
Tunnel vision
“Tunnel Vision” è un secondo omaggio al Costruttivismo Russo, e riporta la frase “Art should be distributed everywhere” (l’arte dovrebbe essere diffusa ovunque), che riflette la filosofia personale dell’artista e che si ispira al pensiero di Vladimir Mayakovsky e di Keith Haring.
Il secondo muro è stato molto più rapido da realizzare, in sole due giornate di sole Shepard e il suo team hanno portato a termine l’opera.
La mostra al MMOMA: Force Majeure
Organizzare la mostra è stato un altro paio di maniche. Le opere erano più di 400 e la galleria era responsabile di ogni dettaglio della curatela, dalla posizione delle opere nelle sale alle etichette da attaccare a poche ore dall’inaugurazione (detto tra noi - anche a causa della disorganizzazione del museo). E’ stata una corsa contro il tempo, ma ce l’abbiamo fatta, e la mostra è stata un grande successo.
Shepard ci ha tenuto a farci fare il tour delle opere spiegando per filo e per segno la storia dietro ogni suo lavoro, il messaggio e da cosa aveva tratto ispirazione. Io e il resto del team l’abbiamo seguito incantati. E’ molto raro trovare un artista che si spende così tanto per comunicare la sua arte.

Il catalogo della mostra
Tornate in Italia, ci siamo messe subito all’opera nella creazione del catalogo ufficiale della mostra, un volume da collezione su cui avevamo (quasi) carta bianca. E’ così che è nato Force Majeure, un progetto che abbiamo studiato in ogni minimo dettaglio, dalla grafica alla scelta delle carte, delle finiture ai dettagli del dorso fino al cofanetto. Ancora oggi lo considero uno dei migliori lavori che abbia mai realizzato.
La mostra a Roma: 3 Decades of Dissent
Le avventure con questo artista non sono finite qui. A settembre 2020 la galleria ha organizzato una seconda grande mostra museale: “3 Decades of Dissent”, in questo caso alla GAM, Galleria di Art Moderna di Roma, un dialogo aperto tra le opere della collezione permanente e quelle dello street artist, sicuramente un esperimento azzeccato. Forte dell’esperienza maturata a Mosca, mi è stata affidata la direzione artistica della mostra e, anche in questo caso, del catalogo, pubblicato da Silvana Editoriale. Mi sono occupata della comunicazione e della grafica fuori e dentro le mura della GAM. Un grande progetto di cui sono altrettanto fiera.

Ma chi è Shepard Fairey (alias OBEY)?
Dopo questa lunga digressione personale mi sembra che si sia percepito quanto mi stia a cuore questo artista, ma - forse - vi verrà spontaneo chiedervi: chi è questo Shepard Fairey? Che significa OBEY? Ok, ricominciamo da capo, vi racconto la sua storia.
Iniziò tutto con uno sticker.
Shepard Fairey nasce nel 1970 nel Sud Carolina. Da giovane frequenta il giro degli skaters, ascolta tanta musica punk e frequenta la Rhode Island School of Design. Durante il college lavora presso un negozio di articoli e t-shirt per appassionati di skateboard, disegna le grafiche delle magliette delle band che ascolta e sperimenta con le tecniche di stampa. E’ in questo piccolo laboratorio che un amico gli chiede di insegnargli la tecnica dello stencil. “E’ semplice”, spiega Fairey brandendo un foglio di giornale, “prendi lui”. Sul quotidiano del giorno campeggiava casualmente un ritratto di Andrè The Giant, noto wrestler dell’epoca. Di quel volto crea prima lo stencil, e poi produce uno sticker per il suo amico, che ne rimane entusiasta. Un po’ per gioco comincia a produrne altri in serie, ad appiccicarli in giro per la città e a distribuirli ad amici e conoscenti. In giro non si parla d’altro, in poco tempo lo sticker col volto del gigante è ovunque, sui cartelli stradali, sui tombini, sui pali della luce. Diventa un simbolo, qualcosa di ricercato, segreto. Nessuno sa chi li produce, nessuno sa cosa significa.

Che cosa significa OBEY.
Qualcuno fa congetture per capire il messaggio dietro a quel volto inquietante e onnipresente. La realtà è che non c’è nessun messaggio. “Il medium è il messaggio” (M. Mc Luhan): la sola presenza dello sticker nello spazio pubblico rappresenta un atto di ribellione, una presa di posizione politica.
Shepard capisce così che il suo Andrè The Giant stilizzato, nato casualmente in un laboratorio di t-shirt, aveva un potere molto più grande di ogni previsione: mettere tutto in discussione.
La speranza di Shepard è che lo spettatore, interrogandosi riguardo al vero significato dello sticker, applichi lo stesso spirito critico ad ogni contenuto visivo che gli viene sottoposto, smettendo di accettare passivamente tutto ciò che vede senza farsi domande, ma reagendo attivamente. La scritta OBEY (Obbedisci), che campeggia sotto il volto del gigante, è un trucco di psicologia inversa: non obbedire, fatti domande, ribellati al sistema. Questo è il manifesto di Shepard, questo è il manifesto di Obey.

Quando Shepard capisce il potenziale di ciò che ha creato, inizia a incollare enormi manifesti in luoghi difficili da raggiungere o solitamente utilizzati per pubblicità e campagne politiche.
HOPE: il manifesto per Obama.
Diventato un fenomeno negli Stati Uniti grazie agli sticker e ai manifesti che avevano invaso le città di mezza America, guadagna l’attenzione internazionale quando nel 2008 realizza spontaneamente un poster a favore della campagna presidenziale dell’allora candidato Obama: Hope. Il poster è così iconico da diventare virale in tutto il mondo, e ancora oggi rimane una delle opere più emblematiche del nuovo secolo.
Attivismo e battaglie.
Negli anni la produzione artistica di Fairey si allarga dalla grafica all’illustrazione, dalla fotografia al collage e alla sovrapposizione di molteplici media. Realizza murales giganteschi, per Fairey è l’arte di strada il mezzo principale per portare avanti le battaglie civili e per esprimere il dissenso politico.
Tra queste la ribellione contro gli autoritarismi e la propaganda, la difesa dei diritti umani e dei diritti civili, della pace e della giustizia, e la battaglia per il clima e per l’ambiente.
Se volete saperne di più, vi consiglio questo brevissimo documentario di 11 minuti per una panoramica quasi completa sulla storia di questo incredibile artista :
La grande mostra a Milano.
Ora che avete un’infarinatura generale, è il momento per darvi la notizia tanto attesa: Shepard proprio in questi giorni è arrivato a Milano per la sua nuova grande mostra alla Fabbrica del Vapore, dal 16 maggio al 15 ottobre 2024: OBEY: The Art of Shepard Fairey è la prima esposizione museale in Italia interamente dedicata a Shepard Fairey (OBEY).
La mostra è curata da Shepard Fairey stesso e dalla galleria Wunderkammern in collaborazione con il Gruppo Deodato, coprodotta con la Fabbrica del Vapore e promossa dal Comune di Milano.

OBEY: The Art of Shepard Fairey è un compendio dell’arte di Obey dagli inizi alle opere più sofisticate, tipiche della produzione degli ultimi anni.
L’itinerario espositivo è stato ideato appositamente per la Cattedrale della Fabbrica del Vapore, concependo lo spazio come fosse una città: da una piazza centrale si diramano cinque differenti percorsi che conducono lo spettatore alla scoperta delle tematiche più rappresentative dell’arte di Obey, attraverso una ricca collezione di opere personalmente selezionate dall’artista: accanto a un corpus di lavori tra i più significativi della sua produzione, saranno presenti numerosi pezzi unici inediti.
Il primo murale in Italia.
Infine, Shepard Fairey regalerà alla Città di Milano il suo primo murale in Italia nel quartiere Gallaratese in via Adolfo Consolini 26; ideato nell’ambito della residenza artistica alla Fabbrica del Vapore, verrà realizzato nella cornice del festival di Arte Urbana Manifestival, promosso dalla Fondazione Arrigo e Pia Pini con il supporto di Orticanoodles e Wit Design. Il murales è un manifesto di PACE, tematica profondamente sentita dall’artista e dalla comunità dei cittadini del quartiere Gallaratese: protagonisti di questo progetto condiviso che sono stati coinvolti nella selezione dell’argomento da proporre all’artista.

Che dire, siete carichi? Io moltissimo!
Se vorrete seguirmi per ulteriori news e per momenti rubati dall’inaugurazione della mostra, che si terrà mercoledì 15, restate sintonizzati sulla mia pagina Instagram, ne vedrete delle belle!
A prestissimo,
Elena
Che esperienza fighissima! E che bel racconto che ne hai tratto, ho trovato molto interessante leggere di esperienze diverse, in diverse città, ma sempre con al centro un grande artista! Io ho avuto modo di conoscerlo un paio d'anni fa a Monaco, ed è veramente una persona disponibile e generosa come l'hai descritto tu! In bocca al lupo per le prossime avventure, mi sono appena iscritta alla tua newsletter così non me le perdo 😉